Il direttore Eugenio Perucatti
Eugenio Perucatti
Eugenio Perucatti arriva sull'isola di Santo Stefano a dirigere il carcere borbonico nell'agosto del 1952. Vi resterà per ben otto anni e cambierà profondamente le strutture, le regole e l'atmosfera stessa del carcere. Il figlio, Antonio, ricorderà la sua opera nel libro che porta il titolo: "Quel criminale di mio padre", proprio a testimoniare che il padre trovandosi di fronte ad un regolamento penitenziario obsoleto, doveva necessariamente violarlo palesemente. Cattolico, padre di dieci figli, quando arriva sull'isola, la prima cosa che fa è far leggere ai suoi collaboratori il terzo comma dell'art. 27 della Costituzione, in vigore da appena cinque anni.
Nel 1956 scrive il libro "Perché la pena dell'ergastolo deve essere attenuata". Alla fine del libro, rivolgendosi ai detenuti, scrive: "ho inteso difendere il diritto delle vostre anime a purificarsi con equa espiazione, a ottenere mezzi idonei per rinnovarvi, a essere rimessi nel consorzio civile riconciliandosi con l'umanità".
Il 6 di luglio del 1960 due detenuti riescono ad evadere dal carcere di Santo Stefano e questa è stata una buona scusa per chiederne le dimissioni.
Il 17 novembre del 1964 Alfonso Corbo ex direttore del carcere annuncia la sua chiusura. Piano piano il carcere si svuota e l'ultimo scaglione lascia l'isolotto il 16 aprile del 1965.
(tratto da libro: "Non volevo morire così" di Pier Vittorio Buffa)